Incontro con Amitav Ghosh
“Perché scrive romanzi e non saggi di storia?” “BECAUSE FICTION SHOWS THE WAY”, è stata la risposta semplice, pregnante, per certi versi intraducibile, che Amitav Ghosh ha dato al termine della conferenza organizzata ieri dall’Istituto Confucio presso l’Università degli Studi di Milano.
In che modo un romanzo “mostra la strada”, “indica la via”? Basta leggere i libri di Ghosh per capirlo. Quindi, se non lo avete fatto, cominciate adesso. E, vi assicuro, avrete l’imbarazzo della scelta! Questo prolifico scrittore, antropologo e giornalista indiano di Calcutta, infatti, è famoso per una serie di romanzi bellissimi come “Il paese delle maree” (traduzione poco felice di “The Hungry Tide”, il mio preferito in assoluto), “Loschiavo del manoscritto” (tratto dalla sua tesi di dottorato discussa a Oxford, scusate se è poco!), “Le linee d’ombra”, “Il palazzo degli specchi”, “Il cerchio della ragione”. E ovviamente l’incredibile e potente “Trilogia della Ibis” composta da “Mare di Papaveri”, “Il fiume dell’oppio” e “Diluvio difuoco”, che è stata l’oggetto della conferenza di ieri dal titolo “Where China and India Met: Canton (Guangzhou) in the 19th Century”. Gli appassionati di fantascienza, poi, potranno cimentarsi con “Il cromosoma Calcutta”, che però, devo ammettere, è stato quello che mi è piaciuto di meno, nonostante la mia passione per il fantastico.*
Che cosa accomuna questi libri? Una sapienza narrativa notevole unita a una grande ricchezza di linguaggio e a una ricerca rigorosissima. Ed ecco che vediamo in che modo la fiction “shows the way.” Ciò che, infatti, in un saggio sarebbe una interessante ma fredda esposizione di dati e nozioni corredate da note chilometriche (“Odio scrivere le note a piè di pagina” ha detto ridendo Ghosh), in questi romanzi prende vita. E ciò accade perché si crea quel legame, quell’immedesimazione potente con le vicende umane dei personaggi che ti permette di vivere molte vite ed essere arricchito da tutte.
Voi non potete avere l’idea di che cosa ha significato ascoltare questo scrittore mentre sciorinava, con l’aiuto di un power point, una valanga di informazioni di carattere storico, geografico, etnografico, raccolte usando gli strumenti appresi sicuramente quando studiava antropologia. Ghosh ha fatto ricerca presso archivi, ma anche andando sul posto, intrufolandosi nel cimitero Parsi di Canton, parlando con le persone. Ci ha mostrato i quadri che raffiguravano vedute dei vari luoghi di cui parla nei romanzi, i volti di uomini e donne che sicuramente hanno ispirato i suoi personaggi, e persino fiori e oggetti. Tutto ciò si dispiegava davanti a noi, insieme a dati statistici, cartine geografiche, annotazioni curiose. Ma vi assicuro che non c’era modo di annoiarsi, almeno non per chi, come me, ha divorato la trilogia. In pratica, era come assistere al processo creativo dell’autore, o almeno alla costruzione delle basi scientifiche della sua opera. E ciò non poteva non fare eco in me con ciò che scrivevo pochi giorni fa riguardo alle tecniche compositive e alla creazione e all’uso del background.
A quel punto non potevo non fargli la grande domanda. “Lo so che uno scrittore deve conoscere tutti i dettagli, sapere persino che cosa i suoi personaggi mangiano a colazione [qui lui ha sorriso], ma come si fa a non rimanere ingabbiati in questa mole di dati? A non sentirsi condizionati?”
“Devi costantemente tenere a mente questa cosa. Devi tenere a mente che la gente è interessata alla gente. Ai personaggi. Io inserisco solo i dettagli che trovo interessanti. Per esempio sono molto interessato ai menu (qui chi ha letto la trilogia, ricorderà l’incredibile descrizione di una
banchetto offerto da un notabile cinese).
.Ma poi, in realtà, scrivere un romanzo storico o un romanzo ambientato, che so, a Milano oggi, comporta gli stessi tipi di costrizioni. Per esempio, devo conoscere quali strade si dipanano dal Duomo. E’ la stessa cosa. Ci sono solo differenti tipi di costrizioni, ma sostanzialmente affini.”**
Con una difficoltà in più, aggiungo io a mente fredda: che io posso uscire a fare una passeggiata, segnarmi i tempi di percorrenza della metropolitana, annotarmi l’odore che si respira, godere del sole che si riflette sul marmo del Duomo. Posso percorrere quelle strade ed entrare in un ristorante milanese, leggere il menù e assaporare quei cibi. Ma lo storico deve ricostruire tutto con un lavoro di mesi o di anni. Insomma, potete capire il mio entusiasmo. E la gioia quasi infantile con cui mi sono fatta autografare per prima il “Paese delle maree” e ho chiesto di fare una foto con lui. Ancora sorrido come un’ebete al ricordo!
*I libri sono tutti editi da Neri Pozza tranne “Il cerchio della ragione” edito da Einaudi. **Le parole di Ghosh che riporto sono frutto della mia traduzione di ciò che sono riuscita ad annotare frettolosamente nello stato di stupore in cui mi trovavo. Se ci fossero errori o inesattezze, me ne scuso e sono pronta a correggerli.
Articolo comparso su DrFantacat