Ceci n’est pas fantascienza
La fantascienza è morta? Risorgerà? In Italia c’è speranza? Oppure
dobbiamo rassegnarci a essere l’ancella della letteratura, fanalino di
coda mondiale?
E noi autori? Dobbiamo rinunciare a scrivere per lasciare spazio a gli stranieri? O invece ci tocca continuare a lottare nelle nostre trincee? Sarà saggio sborsare migliaia di euro per corsi di scrittura ed editor? O è più proficuo investire in traduttori con
la vaga speranza di sedurre il mercato d’oltreoceano? E che dire di chi
propone di scimmiottare gli autori statunitensi, veri “maestri” del
genere? Allettante, ma se poi otteniamo solo che qualcuno ci canticchi
con disprezzo: “Tu vuo’ fa’ ll’americano, mericano, mericano, ma si’
nato in Italy. Sient’ a mme, nun ce sta niente ‘a fa’…”?
Insomma, parliamoci chiaro, la situazione è tragica e a questa edizione di Stranimondi non
si è fatto altro che ripeterlo. Nonostante l’affluenza, siamo e
restiamo quattro gatti, metà dei quali scrivono. E all’esterno siamo
visti come nerd pieni di bubboni che si trastullano con alieni e astronavi.
Colpa di chi?
Pare che il trend sia addossare la responsabilità equamente a scrittori e lettori.
All’incontro del 6 ottobre “Didattica della fantascienza”, per esempio, Franco Ricciardiello
non ha esitato a dire che gli autori italiani sono ben lontani dal
raggiungere i livelli americani, ragione per cui dobbiamo correre tutti
in massa a comprare il suo manuale (se ho capito bene) che ci
traghetterà come Caronte sull’altra sponda dell’Acheronte a velocità di
curvatura. A parte la questione del manuale che, ne sono certa, sarà
utilissimo, davvero dobbiamo vivere questo perenne senso di inferiorità?
Franco Forte non è di quest’opinione. Nella sua intervista a Fantascienza Today
ha ribadito più volte che i lettori in Italia snobbano gli autori
italiani con una pervicacia inquietante. Ne paga le conseguenze persino
Scalzi, in quanto ha l’handicap di avere un cognome italiano. Sembra che l’esterofilia
sia così forte che basta chiamarsi John Smith per avere un posto
nell’empireo fantascientifico. Mentre ottimi autori nostrani restano
nell’ombra contendendosi i 25 lettori di manzoniana memoria.
E le case editrici? C’è chi ha criticato aspramente anche loro:
non accettano giovani, non fanno promozione, perpetuano l’andazzo e poi
osano pure lamentarsi. Rapida la risposta: non ci sono soldi!
Insomma, sembrerebbe il classico serpente che si morde la coda. Troppi scrittori, pochi lettori, pochi soldi, poca pubblicità, pochi lettori etc. etc.
Ma la cosa che ogni amante della fantascienza si chiede perdendo ore di
sonno, la cosa che tormenta in egual misura scrittori, lettori ed
editori è questa:
PERCHE’ LA FANTASCIENZA NON PIACE?
Giusto oggi Alberto Costantini ha formulato un’ipotesi: il gusto
si forma da piccoli, molto si deve alla scuola, le proff di lettere
odiano la fantascienza, ergo non fanno appassionare i giovani.
Sillogismo perfetto. Gli do ragione. Le mie colleghe detestano la
fantascienza. Ma come biasimarle? E’ stato per decenni un genere maschile, con protagonisti quasi sempre maschili, e figure femminili a due dimensioni. Anzi, a tre: 90-60-90.
E non parliamo del sentimento: si tollera il sesso, ma l’amore no, per
carità! RED ALERT! L’amore è il nemico numero uno, fa bollare
immediatamente il libro come Harmony. Mi spiegate come piffero
dovrebbero immedesimarsi queste poverette? E se non si immedesimano, se
non provano emozioni, perché dovrebbero leggere fantascienza???
A questo si somma il fatto che la fantascienza, almeno in teoria, è una
cosa scientifica e, nelle passate generazioni, poche donne facevano
studi tecnici o scientifici. Anche perché la cosa era vista come
innaturale. Conosco uomini che ancora adesso non riescono ad ammettere
che so che cos’è un carburatore, figuriamoci un’astronave! E ricordiamo
tutti le critiche assurde a Samantha Cristoforetti. Ma non parliamo di questioni di genere, please, che il discorso è lungo e amaro e usciamo dal seminato.
Restiamo sul pezzo. E aggiungiamo a questo cocktail corrosivo le massicce dosi di distopia che generano di certo dispepsia
in ambo i sessi. Come dice un amico: “Credete di farmi paura più di Rai
News 24”? Andiamo! Un conto è la denuncia sociale, sacrosanta, ma siamo
già abbastanza angosciati, non credete?
Insomma, come tutti sanno, l’idiosincrasia nel pubblico generalista
è così forte che ormai molti grandi autori preferiscono negare, contro
ogni evidenza, di avere scritto qualcosa che rientri in questo genere
maledetto.
Che fare, quindi?
La mia impressione è che nessuno abbia una ricetta. Io stessa mi sono
logorata i neuroni senza alcun risultato. Poi però, mi è balzata davanti
agli occhi la parola RICETTA, per l’appunto. E con essa, per una
freudiana associazione di idee, i tanti racconti di mamme di miei
alunni. “Luigino odia le verdure, ma io gliele faccio panate, a forma di
hamburger e lui se le pappa. Ma guai a dire che sono carote e piselli!”
E se davvero dovessimo cambiare etichetta? Se davvero fosse giunto il momento di mascherare i nostri piselli da salsicce? Ehm… Volevo dire, le nostre verdure da bistecche? Se dovessimo inventare un nuovo nome per questo meraviglioso genere? Forse il nostro destino è quello dei netturbini che si sono magicamente trasformati in “operatori ecologici” o delle bidelle che ora si chiamano “commesse”.
In passato le opere di autori importanti sono state classificate sotto la voce “realismo magico”. Ma non è l’unica possibilità. Perché non lanciare un contest, allora?
RINOMINA LA FANTASCIENZA.
Il termine più affascinante, seducente e gradito sostituirà quello obsoleto e odioso che ci fa tanto soffrire. E vivremo tutti felici e contenti. Dopotutto, come diceva Romeo, una rosa non perde il suo profumo anche se le do un altro nome.
E con questa sarcastica, ma non troppo, conclusione, passo e chiudo!
Questo post è comparso su DrFantacat
Un commento
Alberto Costantini
Chi mi conosce sa che sono abbastanza morigerato nella descrizione dei sentimenti, ma non per questo ho mai rinunciato a inserire nei miei romanzi, sia storici che di fantascienza, l’elemento romantico, declinato in modo diverso a seconda delle circostanze e della psicologia dei personaggi.
Magari dipenderà dal fatto che ho avuto più colleghe donne che maschi, e classi prevalentemente di alunne, ma così, a spanne, direi che conto più lettrici che lettori. È altresì vero che il tipo di FS che prediligo è appetibile anche a chi, come me, ha una formazione prevalentemente umanistica. Anche ne “L’Eresia del Multiverso”, al debordante, ironico e bizzarro Galeotto ho affiancato l’amore impossibile fra Janos e Lenora.